La documentazione dell’esportazione triangolare
Una società italiana commercia articoli di abbigliamento. Spesso acquista in Italia merce destinata tuttavia all’esportazione in paesi extracomunitari (Russa ed Emirati Arabi, per la precisione). Il soggetto italiano presso il quale la medesima acquista la merce da rivendere fuori dal territorio comunitario emette fattura ex art. 8, co. 1, DPR 633/72. Si chiede in questa situazione, quale documentazione emettere o far pervenire al soggetto italiano di cui sopra al fine di vincere la presunzione che la merce che cede sia effettivamente destinata ad operazioni non imponibili ai fini dell’esportazione.
Per semplicità diamo un nome ipotetico ai soggetti coinvolti.
Una società italiana commercia in articoli di abbigliamento: IT1
Società italiana che cede a IT1: IT2
Soggetti situati in paesi terzi extra-UE: EX
Nel quesito si chiede come si possa vincere la presunzione che l’operazione di compravendita intercorrente fra IT1 e IT2 possa essere considerata come effettivamente non imponibile, al pari della cessione all’esportazione ex art. 8, co.1, DPR 633, al pari di quella naturalmente intercorrente fra IT1 ed EX. IT2, avrà quindi necessità di acquisire, come IT1, la c.d. “prova dell’esportazione”. L’operazione posta in essere è un’operazione triangolare diretta impropria. Illustriamo, quindi prima la differenza intercorrente fra esportazione triangolare propria ed impropria e poi illustriamo i criteri per acquisire la prova dell’esportazione.
Esportazione triangolare impropria
Il soggetto italiano A acquista (in Italia merce da un soggetto italiano C) per poi cedere a sua volta la merce al soggetto non residente B. In questo caso particolare l’effettivo rapporto fra A e C potrebbe, in difetto di prova dell’avvenuta esportazione, generare le difficoltà più rilevanti, poiché in assenza, appunto di detta prova, è sicuramente più semplice per l’Amministrazione Finanziaria ricondurre l’operazione ad una cessione interna, quindi soggetta ad IVA. Tuttavia nella realtà, trattandosi di merce destinata ad essere esportata da A, C potrebbe fatturare ad A anch’egli ai sensi dell’art. 8, DPR 633/72.
Esportazione triangolare propria
Il soggetto italiano A acquista da un soggetto non residente C (intra o extra UE) della merce che a sua volta verrà rifatturata a B soggetto non residente. Anche in questo caso l’operazione fra A e C non dovrà sottostare alle regole del principio di destinazione e venire assoggettata ad IVA, ma con l’acquisizione della dovuta prova, A non assoggetterà l’operazione di acquisto ad IVA trattandosi di merce che è destinata ad un’esportazione.
In entrambi i casi è necessaria la prova dell’avvenuta esportazione al fine di vincere la presunzione che l’operazione di acquisto eseguita da A presso C non debba scontare IVA. Per la procedura di acquisizione si prendano a riferimento le indicazioni fornite dalla CM 35/E/1997. Il soggetto, che agisce nella duplice veste di acquirente-cedente (in questo caso IT1) e che in effetti è da considerare il vero esportatore, può comprovare l'avvenuta esportazione dei beni mediante conservazione del documento doganale munito del visto apposto dalla Dogana di uscita dal territorio comunitario. Quanto a IT2, invece, la prova dell'esportazione dei beni sarà costituita dal visto apposto sulla fattura emessa nei confronti del proprio cessionario dall'Ufficio doganale, all'atto del compimento delle operazioni doganali di esportazione espletate da IT1 o da soggetti da egli incaricati (spedizionieri), con l'indicazione degli estremi del documento doganale emesso, integrato successivamente con la menzione dell'uscita dei beni dalla Comunità, apposta dallo stesso Ufficio doganale su presentazione dell'esemplare del documento di esportazione munito del visto della Dogana di uscita. In alternativa, è possibile comprovare l'effettiva uscita dei beni dalla Comunità, conservando insieme alla fattura di cessione copia o fotocopia del documento doganale vistato dalla Dogana di uscita.
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