Mancata emissione dello scontrino
Tra le violazioni più “pericolose” in campo fiscale vanno sicuramente annoverate quelle connesse alla mancata emissione di ricevute e scontrini fiscali o, comunque, all’omessa certificazione dei corrispettivi. Trattasi di violazioni cui la normativa in vigore ricollega la comminazione sia di sanzioni pecuniarie, sia di sanzioni accessorie di tipo interdittivo.
La mancata emissione dello scontrino o della ricevuta fiscale a fronte di un’operazione rilevante ai fini Iva, è attualmente punita, ai sensi dell’art. 6, comma 3 del D.Lgs. n. 471/1997, con una sanzione amministrativa pecuniaria pari al 100% dell’imposta (Iva) relativa all’operazione non documentata. Non può, tuttavia, rassicurare il fatto che spesso la certificazione omessa si riferisce ad operazioni di esiguo valore economico (molto spesso di pochi euro), in quanto il successivo quarto comma del medesimo art. 6 prevede comunque un minimo sanzionatorio, attualmente fissato nella misura di 500 euro, a seguito della modifica operata dall’art. 15, comma 1, lett. f) n. 4) del D.Lgs. n. 158/2015, in vigore dal 1° gennaio 2016 (in precedenza la misura minimale era pari a 516 euro).
Per espressa previsione normativa, i medesimi profili sanzionatori entrano in gioco anche in caso di omesse annotazioni sull’apposito “registro di emergenza”, da utilizzare in caso di mancato o irregolare funzionamento degli apparecchi misuratori fiscali.
Come si è anticipato, l’art. 6 del D.Lgs. n. 471/1997 non esaurisce l’ambito sanzionatorio relativo all’omessa certificazione dei corrispettivi; il successivo art. 12, comma 2 del medesimo decreto prevede una sanzione accessoria applicabile quando siano contestate, ai sensi dell’art. 16 del D.Lgs. n. 472/1997, quattro distinte violazioni, compiute in giorni diversi nell’arco di un quinquennio. In tali casi è disposta la sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività, ovvero la sospensione dell’esercizio dell’attività medesima, per un periodo da tre giorni a un mese. Per espressa previsione normativa e in deroga a quanto previsto dall’art. 19, comma 7 del D.Lgs. n. 472/1997, ai sensi del quale le sanzioni accessorie vanno eseguite quando il provvedimento sanzionatorio è divenuto definitivo, il provvedimento cautelare amministrativo de quo è immediatamente esecutivo.
Peraltro, la norma prevede un’aggravante, comportante l’applicazione della misura accessoria da uno a sei mesi, qualora l’importo complessivo dei corrispettivi oggetto di contestazione (inteso come sommatoria delle quattro diverse contestazioni nel quinquennio) risulti superiore a 50.000 euro. I successivi commi da 2-bis a 2-quater disciplinano il procedimento di applicazione della misura accessoria, viene individuata, in particolare, la Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate competente per territorio quale Autorità designata per l’emissione, con un obbligo di notificazione del provvedimento al trasgressore, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di contestazione della quarta violazione. Quanto all’attività meramente esecutiva e di vigilanza sul rispetto della misura interdittiva, la norma chiama in causa le articolazioni territoriali della Guardia di Finanza, o dell’Agenzia delle Entrate le quali, peraltro devono apporre i propri sigilli all’esercizio coinvolto.
Va opportunamente osservato come la mancata emissione di scontrini o ricevute fiscali, reiterata nel tempo, possa rilevare non solo ai fini dell’applicazione della sanzione accessoria di cui all’art. 12, commi 2 e ss. del D.Lgs. n. 471/1997; qualora, infatti, il soggetto cui viene contestata l’omessa certificazione di corrispettivi sia incorso in analoga violazione nel precedente triennio, si renderà applicabile (in via obbligatoria per l’Ufficio finanziario, dopo le modifiche apportate in sede di revisione del procedimento sanzionatorio amministrativo tributario dal D.Lgs. n. 158/2015) un aumento sanzionatorio fino alla metà, come previsto dall’art. 7, terzo comma del D.Lgs. n. 472/1997. Tale aumento si rende, tuttavia, applicabile qualora la precedente violazione non sia stata dal trasgressore definita in ravvedimento, ovvero mediante definizione agevolata delle sanzioni, anche ricorrendo ai vari istituti deflativi del contenzioso. Va, peraltro, precisato che nella versione in vigore fino al 31 dicembre 2015 dell’art. 7 in commento, la norma rendeva facoltativo per l’ufficio il ricorso a tale aumento sanzionatorio (di fatto, veniva raramente applicato). In merito all’obbligatorietà dell’istituto in questione, la norma dovrebbe essere applicata secondo una ratio compatibile con l’analoga disciplina prevista in ambito penale; in altri termini, anche sul piano amministrativo tributario l’aumento sanzionatorio ai sensi dell’art. 7 comma 3 in commento dovrebbe rendersi applicabile, nel contesto dell’irrogazione di una nuova mancata emissione, qualora nel triennio precedente al trasgressore sia stata contestata (o, più correttamente, già irrogata con provvedimento definitivo) altra analoga violazione. Diversamente, infatti, non può parlarsi di trasgressore recidivo, ma solo di contribuente sul quale pendono due diversi procedimenti, sulla base di diversi provvedimenti sanzionatori non ancora divenuti definitivi.
Leave a Comment