Il reato di omessa dichiarazione

Il reato di omessa dichiarazione

Dal 18 settembre 2011 soglia di punibilità più bassa

È sufficiente il mero superamento della soglia di 30.000 euro di imposte evase, perché si configuri il reato di omessa presentazione della dichiarazione, previsto dall’art. 5 del D.Lgs. 10 marzo 2000 n. 74. Si tratta di un reato omissivo “proprio”, che può essere realizzato da chiunque sia obbligato alla presentazione delle dichiarazioni annuali in materia di imposte dirette e sul valore aggiunto.

Ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs.10 marzo 2000 n. 74, commette il reato in parola chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o l’Iva (dolo specifico), non presenti, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni annuali relative a queste imposte, quando l’imposta evasa sia superiore a 30.000 euro, con riferimento a ciascuna delle singole imposte. La sanzione prevista è la reclusione da uno a tre anni.

Ai sensi del comma 2 del medesimo art. 5, non si considera omessa, la dichiarazione presentata entro 90 giorni dalla scadenza. Ne deriva che, la consumazione del delitto si realizza con l’inutile decorrenza di 90 giorni dalla scadenza del termine previsto per la presentazione.

La configurazione del reato è esclusa nelle ipotesi di dichiarazione presentata ma non sottoscritta o non redatta su stampato conforme a quello prescritto. L’elemento soggettivo è il dolo specifico, consistente nella volontà di evadere le imposte.

Il periodo di novanta giorni concesso al contribuente per presentare la dichiarazione non è configurato quale causa di non punibilità del reato già consumato, bensì quale ulteriore termine per l’adempimento (“non si considera omessa la dichiarazione”), equiparato sul piano concreto alle altre irregolarità previste dalla norma (dichiarazione non sottoscritta o non redatta su stampato conforme al modello prescritto).

L’abbassamento della soglia

L’art. 2, comma 36-vicies, lettera f), D.L. n. 138/11 (L. conv. n. 148/11) ha recentemente novellato l’art. 5 del D.Lgs. n. 74/00, riducendo da 77.468,53 a 30.000 euro la soglia di imposta evasa che fa scattare la sanzione penale.

Si ricorda che, per imposta evasa deve intendersi l’intera imposta dovuta, al netto delle somme versate a titolo di acconto, di ritenuta e comunque in pagamento di detta imposta prima della scadenza del termine di presentazione della dichiarazione (vedi art. 1, lettera f, D.Lgs. n 74/2000).

Omessa dichiarazione ex art. 5 D.Lgs. 74/2000

Imposta evasa

-       Fino al 17 settembre 2011 Superiore a euro 77.468,53

-       Dal 18 settembre 2011 Superiore a euro 30.000,00

 

Determinazione imposta evasa

La corretta quantificazione dell’imposta evasa, quale parametro per far scattare la rilevanza penale della omessa dichiarazione, è un profilo più volte trattato nella giurisprudenza della Suprema Corte.

Cassazione – Quarta Sezione Penale sentenza n. 7615/2014

Compete esclusivamente al giudice penale il compito di procedere all'accertamento e quindi alla determinazione dell'ammontare dell'imposta evasa, attraverso una verifica che può venirsi a sovrapporre e anche entrare in contraddizione con quella effettuata dinanzi al giudice tributario, non essendo configurabile alcuna pregiudiziale tributaria.

Cassazione – Quarta Sezione Penale sentenza n. 21213/2008

Il tributo effettivamente dovuto deve essere correlato al risultato economico conseguito e deve essere determinato, sulla base delle risultanze probatorie acquisite nel processo penale, contrapponendo ricavi e costi d'esercizio fiscalmente detraibili, in una prospettiva di prevalenza del dato fattuale reale rispetto ai criteri di natura meramente formali che caratterizzano l'ordinamento tributario.

Cassazione- Terza Sezione Penale sentenza n. 10811/2014

Nel processo penale le presunzioni tributarie hanno un mero valore indiziario sicché l’accusa di omessa dichiarazione deve essere supportata da altri elementi. In particolare, le movimentazioni sul conto corrente bancario intestato al contribuente o a un suo familiare non legittimano, di per sé, la condanna penale. È noto che, “in tema di reati tributari, ai fini della configurabilità del reato di omessa dichiarazione ai fini di evasione dell'imposta sui redditi (art. 5, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74) non può farsi ricorso alla presunzione tributaria secondo cui tutti gli accrediti registrati sul conto corrente si considerano ricavi dell'azienda (art. 32, comma primo n. 2, d.P.R. 29 settembre 1973, n.600), in quanto spetta al giudice penale la determinazione dell'ammontare dell'imposta evasa procedendo d'ufficio ai necessari accertamenti, eventualmente mediante il ricorso a presunzioni di fatto” (ex multis, Cass. sez. III pen. n. 5490 del 2011). L’accertamento e la determinazione dell'ammontare dell'imposta evasa, da intendersi come l'intera imposta dovuta, devono essere compiuti dal giudice penale attraverso una verifica che può venire a sovrapporsi ed anche entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dinanzi al giudice tributario, non essendo configurabile alcuna pregiudiziale tributaria (cfr. Cass. sez. III pen. n. 36396/2011).

Altre massime

Da altre recenti pronunce di legittimità sul reato di omessa dichiarazione, si ricavano le seguenti massime.

Cassazione – Terza Sezione Penale sentenza n. 44433/2013

L’adempimento dell’obbligo di comunicazione Iva non esclude il reato di omessa dichiarazione, previsto dall’art. 5 del D.Lgs. n. 74 del 2000. La comunicazione Iva, prevista dall'art. 8 bis del D.P.R. n. 322 del 1998, introdotto dall'art. 9 del D.P.R. n. 435 del 2001, finalizzata ad adempiere agli obblighi comunitari, di cui all'art. 22, paragrafo 4, della Direttiva CEE n. 77/388 del 17 maggio 1977, non è sostitutiva della dichiarazione annuale ai fini delle imposte sui redditi e Iva.

Cassazione – Sezione Tributaria Civile sentenza n. 1240/2014

In caso di mancata presentazione della dichiarazione Iva, l’Amministrazione Finanziaria è legittimata ad avvalersi di presunzioni semplici per accertare il volume d’affari della società.

La sentenza 1240/14 spiega che l'art. 55 del decreto Iva consente, nel caso di mancata presentazione della dichiarazione annuale Iva, di determinare induttivamente l'ammontare imponibile e l'aliquota applicabile sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza dell'Ufficioe tra tali dati può essere senza dubbio incluso il dato indicato dalla parte nella dichiarazione mod. 760, relativa allo stesso anno di quello preso in esame (cfr. Cassazione, sentenze 792/2003, 19321/2006 e 4381/2011).

Tale principio si pone peraltro in linea con l'orientamento secondo cui, nell'ipotesi di omessa della dichiarazione da parte dell’azienda, la legge abilita gli Uffici a servirsi di qualunque elemento ai fini dell'accertamento del reddito e, quindi, a determinarlo anche con metodo induttivo, e anche utilizzando, in deroga alla regola generale, presunzioni semplici sul presupposto dell'inferenza probatoria dei fatti costitutivi della pretesa tributaria ignoti da quelli noti, sicché, a fronte della legittima prova presuntiva offerta dall'Ufficio, l'onere di dedurre e provare i fatti impeditivi, modificativi o estintivi della predetta pretesa, incombe sul contribuente (cfr. Cassazione, ordinanza n. 5228/2012).

Cassazione – Sezione Tributaria Civile sentenza n. 24906/2013

Pagare la sanzione irrogata per l'omessa dichiarazione Iva non significa prestare acquiescenza rispetto alla pretesa concernente il tributo.

È pacifico, nella giurisprudenza di legittimità, che “la definizione del profilo sanzionatorio del rapporto tributario, mercé il pagamento della sanzione stessa (ovvero la sua definizione agevolata ai sensi dell'art. 16, comma 3, del d.lgs. 10 dicembre 1997, n. 472), non comporta effetti di acquiescenza o di riconoscimento della fondatezza della pretesa né integra una confessione o un elemento di prova, non concernendo il profilo (meramente) tributario del rapporto, di guisa che resta materia tributaria impregiudicata la sorte del tributo e la possibilità del contribuente di contestarlo” (cfr. Cass. n. 17529 del 2012, n. 12695 del 2004 e n. 1558 del 1991).

Sanzioni per omessa presentazione della dichiarazione

Le ultime due massime in rassegna introducono il tema delle sanzioni applicabili in caso di omessa presentazione della dichiarazione. A tal proposito si ricorda che:

nel caso di omessa dichiarazione dei redditi, è applicabile una sanzione amministrativa dal 120 per cento al 240 per cento dell'ammontare delle imposte dovute (art. 1 comma 1 e 3 del D.Lgs. 471/97);

nel caso di omessa dichiarazione Irap, è applicabile una sanzione amministrativa dal 120 per cento al 240 per cento dell'ammontare dell'imposta dovuta (art. 32 comma 1 del D.Lgs. 446/97);

nel caso di omessa dichiarazione Iva, è applicabile una sanzione amministrativa dal 120 per cento al 240 per cento dell'ammontare del tributo dovuto per il periodo d'imposta o per le operazioni che avrebbero dovuto formare oggetto di dichiarazione (art. 5 comma 1 del D.Lgs. n. 471/97).

Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate, per “imposta dovuta” deve intendersi la differenza tra l'imposta accertata e quella versata a qualsiasi titolo (circ. n.54/E del 2002 § 17.1).

Il Commercialista Online
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